Gli sguardi sono corpi
26 Maggio 2022
Scopri di piùLo chiamano Shiva il distruttore, eppure non è cattivo, tutt’altro. Shiva distrugge il male, le illusioni, le passioni che creano sofferenza. Elimina ciò che compromette l’ordine divino per fare spazio a una nuova creazione. Assieme a Brahma (il dio creatore) e Vishnu (il dio della conservazione) incarna i principi universali che governano l’Universo, in un ciclo continuo di creazione e distruzione.
Ammettiamolo, non si presenta benissimo: con quei capelli lunghi e spettinati, la carnagione bluastra, il corpo ricoperto di cenere e avvolto da pelli di animali. In una mano regge un tridente, nell’altra un tamburello. Gira voce che fosse anche un estimatore della cannabis. Insomma, possiamo capire perché il povero re Daksha – sovrano saggio e giusto, che dall’inizio dei tempi aveva il compito di sovraintendere ai rituali sacri e controllare che fossero compiuti nel modo corretto – non abbia fatto i salti di gioia quando sua figlia Sati lo portò in casa, presentandolo alla famiglia come il suo futuro marito.
Daksha acconsentì alle nozze, ma era riluttante. Tanto che, in seguito, non invitò il genero e la figlia alla celebrazione di una cerimonia importante. Sopraffatta dall’umiliazione e dal dispiacere, Sati si gettò nel fuoco e Shiva impazzì di dolore per la sua morte. Per anni e decenni vagò tra i continenti, portando sulle spalle il cadavere della giovane e sfortunata consorte, non prima ovviamente di essersi vendicato del padre, tagliandogli la testa.
Shiva è così: appassionato e impulsivo, ma generoso e leale. Dicono che fosse un donnaiolo, che tradisse le sue mogli. Ma noi sappiamo che le amava alla follia: prima Sati e poi Parvati, che di Sati è la reincarnazione, con cui ebbe un figlio, il dio Ganesha, amatissimo tra gli uomini. Del resto, Shiva è un dio pieno di contraddizioni e su di lui abbondano storie di ogni genere. È un amante focoso e un marito premuroso, è un guerriero imbattibile e un ballerino provetto.
che non conosce la fame né la paura ed è indifferente ai beni materiali. È il dio dello Yoga, incarnazione esemplare del non attaccamento. Di lui si narra che vivesse sulle montagne dell’Himalaya in perenne meditazione, ma che poi scese a valle per diffondere il suo sapere (e lo Yoga) tra gli uomini. Per questo è spesso rappresentato anche come un capofamiglia, che si prende cura della moglie, dei figli e dei propri animali.
Compare le prime volte, con il nome di Rudra, all’interno dei Rig Veda, i testi sacri scritti tra il 1.500 e il 900 a.C., che lo descrivono come un dio feroce e vendicativo, che incute timore. Ma poi Rudra si evolve in Shiva, l’anima ribelle che però si fa in quattro per salvare gli uomini, gli dei e l’Universo. Chiamato da Vishnu, ingoia un veleno mortale che avrebbe distrutto il mondo, trattenendolo in gola – e per questo la sua pelle si tinge di blu. La sua chioma selvaggia serve a trattenere la furia del fiume Gange, che scende impetuoso dal cielo, in modo che le sue acque arrivino sulla Terra senza travolgerla, ma anzi bagnandola e nutrendola. La cenere che ne ricopre il corpo è quella che si sprigiona durante i sacrifici rituali. Le pelli che indossa simboleggiano il controllo sugli istinti animali.
Su Shiva e le sue avventure esistono centinaia di storie: la più nota è quella di Shiva Nataraja, lo Shiva danzante, che ballando la Tandava diede inizio alla distruzione dell’Universo, quando il caos e il male avevano ormai preso il sopravvento. Danzando Shiva generò un immenso calore, che inaridì la Terra e prosciugò i mari. Il calore divenne fuoco e un gigantesco incendio cosmico divampò, incendiando tutta la materia fino a dissolvere l’universo, lasciando solo il vuoto cosmico. Ma ogni fine contiene in sé un nuovo inizio e Shiva allora ricominciò a danzare e suonare il suo tamburello fino a produrre il sacro suono «OM» che diede vita nuovamente alla creazione.
A Shiva, dio dello Yoga, sono dedicate moltissime posture, tra cui Bhairavasana, Virabhadrasana, Natarajasana, Shavasana, Mayurasana, Matsyendrasana e Dandasana.