Gli sguardi sono corpi
26 Maggio 2022
Scopri di piùQuel giorno, poco prima dell’alba, il dio Vishnu e Ananta, il serpente dalle mille teste, fluttuavano dolcemente e senza meta nel «mare cosmico delle possibilità». È con questa immagine bellissima che Alanna Kaivalya e Arjuna van der Kooij (nel loro libro «Myths of the Asanas») descrivono l’universo prima della creazione. Ananta se ne stava arrotolato sotto al corpo Vishnu, fornendo alla divinità un comodo giaciglio, mentre con le sue numerose teste gli offriva ombra e protezione.
Ma quello non era un giorno qualsiasi: era il giorno in cui il ciclo della creazione stava per ricominciare. Improvvisamente, dall’ombelico di Vishnu, spuntò un fiore di Loto, che cominciò a crescere fino a sbocciare, rivelando con i suoi petali i quattro volti di Brahma, dio della creazione, ciascuno rivolto verso un punto cardinale. Da ognuna delle sue bocche, Brahma recitò i quattro suoni che compongono la sillaba «OM»: «ah», «ooo», «mmm» e il silenzio. Così nacque il mondo come lo conosciamo ancora oggi.
Simbolo della creazione, il Loto è però anche una metafora del percorso di uno yogi: la sua pianta affonda le radici nel fango, nei fondali putridi degli stagni, ma poi cresce, risale fino alla superficie e qui fa sbocciare i suoi petali rosa, rivolgendo il volto ai raggi luminosi del sole. La via dello yoga, allo stesso modo, ha le sue radici nelle sofferenze e nella limitatezza della vita terrena, prigioniera del ciclo infinito di nascita e morte, ma attraverso la pratica costante e lo studio, porta alla liberazione. La promessa dello yoga è questa, scrivono Kaivalya e van der Kooij: alla fine del suo percorso, faticoso e talora frustrante, il praticante potrà raggiungere la superficie dell’acqua e realizzare pienamente il proprio potenziale.
Al Loto esso è associata la postura-simbolo della meditazione, Padmasana, per lungo tempo l’unico asana di cui ci fosse traccia nella tradizione scritta. Compare infatti negli «Yoga Sutra» di Patanjali, considerato il testo fondamentale dello yoga classico, datato tra il II secolo a.C. e il IV secolo d.C. È proprio Patanjali, nei Sutra, a elencare gli 8 passi del percorso yogico che portano al Samadhi e alla liberazione dalle sofferenze terrene. Il terzo passo sono appunto gli asana, le posture, eppure lui ne descrive una sola, quella del Loto.
Attenzione, però: la posizione del Loto è tutt’altro che semplice da prendere e da mantenere a lungo, come sarebbe necessario per la meditazione.
Preoccupati invece di affrontarla nel modo giusto, che non necessariamente è lo stesso per tutti, come spiega in questo articolo David Keil, insegnante di anatomia e yoga. Fai attenzione soprattutto alle articolazioni delle ginocchia e ricordati, per proteggerle, che una buona esecuzione del Loto dipende soprattutto dall’apertura delle anche. Buona lettura!