L’insegnamento dei saggi

11 Mar 2021

L’insegnamento dei saggi L’insegnamento dei saggi

In sanscrito si chiamano Rishi, oppure Sadhu: ai saggi della tradizione sono associate alcune posture yoga che si possono dividere sostanzialmente in quattro grandi gruppi, come spiega Srivatsa Ramaswami, allievo di Sri Krishnamacharya, in un articolo pubblicato sul blog Proyecto Yoga Unlimited. Alcune posizioni sedute, come Marichyasana, Bharadvajasana e Matsyendrasana. Altre che si sviluppano da una tavola laterale come Viswamitrasana, Vasishtasana o Kasypasana. Poi quelle incentrate su Eka Pada Sirsasana (la gamba dietro la testa), come Kapilasana e infine alcuni asana in equilibrio sulle braccia, come Koundinyasana e Astavakrasana.

Posture tutt’altro che semplici e viene spontaneo chiedersi come facessero questi Rishi a meditare in posizioni tanto complesse e virtuose, in cui noi a fatica resistiamo per cinque respiri.

Beh, non per nulla erano saggi.

Non sappiamo perché un determinato asana sia stato attribuito a una figura di saggio piuttosto che a un altro, scrivono Alanna Kaivalya e Arjuna van der Kooij nel loro libro «Myths of the Asanas» (ed. Mandala). Ma sappiamo che questi uomini “speciali” hanno dovuto affrontare molti sadhana (pratiche spirituali consapevoli) per raggiungere l’illuminazione e la realizzazione di sé, che sono gli obiettivi principali dello Yoga. La difficoltà di molti asana legati a figure di saggi potrebbe riflettere la pratica rigorosa e i sacrifici che hanno dovuto affrontare. Di questi si nutrono i loro insegnamenti, che sono il fondamento della stessa tradizione yogica.

I testi antichi danno conto di questi uomini illuminati, che meditavano sulle rive del Gange, cercando di trovare risposte sul segreto della vita, sull’anima e l’universo. Molti di noi, pensando a questi Sadhu, immaginano uomini anziani mezzi nudi e con i capelli arruffati, che camminano senza meta sulle montagne dell’Himalaya. In realtà un saggio si manifesta in mille forme: può essere maschio o femmina, può essere un bambino o un anziano, un mendicante o un re. Le sue doti sono la tolleranza, l’equanimità, la gentilezza, la libertà da odio, avidità e delusione, il distacco dagli oggetti materiali.


Ma non pensiamo a queste qualità sagge come qualcosa a cui aspirare, da raggiungere in un giorno lontano e una volta per tutte. Come per la pratica degli asana anche le qualità salutari, come le chiama il Buddha, vanno esercitate quotidianamente. Scopriremo che le nostre giornate sono piene di occasioni in cui provare ad essere più tolleranti, gentili e soddisfatti, per essere insomma anche noi un po’ saggi!

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