Uno, nessuno e centomila. Quanti sono gli asana nello yoga?

01 Apr 2022

Uno, nessuno e centomila. Quanti sono gli asana nello yoga? Uno, nessuno e centomila. Quanti sono gli asana nello yoga?

Anche lo Yoga ha i suoi Guelfi e i suoi Ghibellini: da una parte i sostenitori di uno Yoga più spirituale, meditativo, filosofico, che assicurano di rifarsi ai testi sacri e alla tradizione più antichi e bollano come “ginnastica” le pratiche fisiche, più concentrate sul corpo e i suoi movimenti. Dall’altro i seguaci di uno Yoga fatto soprattutto di posture (asana), che spesso citano a proprio favore una frase attribuita a Pattabhi Jois («Lo yoga è fatto al 99% di pratica e all’1% di teoria»), che quest’ultimo pare tuttavia non aver mai pronunciato.

Il dibattito su quanti siano gli asana e, soprattutto, quando e perché siano passati dall’essere uno degli elementi che compone il sistema dello Yoga a diventarne la manifestazione più evidente e popolare, è un po’ come la fabbrica del Duomo: sempre in corso. Provo a riassumertelo in pochi punti.

Cosa sono gli asana? Il termine sanscrito (è neutro: per questo andrebbe tradotto al maschile) significa «postura», ma anche «stare seduto» oppure, in alcuni casi, indica l’oggetto su cui ci si siede. Nella tradizione yogica, da Patanjali in poi (II sec. d.C.) si riferisce al secondo degli otto passi che compongono il cammino degli yogi.

Quanti sono gli asana? Qui la faccenda inizia a complicarsi. Come nelle migliori tragicommedie pirandelliane, potrei risponderti uno, nessuno, centomila. Secondo la tradizione induista, infatti, Shiva ne trasmise agli uomini 84mila (o addirittura 8,4 milioni, secondo alcuni), precisando che solo 84 erano quelli più importanti e, di questi, 32 erano utili per l’umanità. Il testo fondativo dello Yoga classico (gli Yoga Sutra di Patanjali) ne descrive però uno soltanto, comunemente identificato con Padmasana, la posizione del loto, ovvero la postura della meditazione per eccellenza. Il numero comincia ad aumentare in epoca medievale, attraverso la tradizione dello Hatha Yoga (che ne introduce da 14 a 84), fino ad arrivare alla fine dell’800, con lo yoga moderno e la sua diffusione in tutto il mondo. Negli ultimi cent’anni sarebbero stati codificati dai maestri tra i 100 e i 300 asana, con molte variazioni e diversi nomi, tanto che qualcuno ne ha contati ben 2.100 (raccolti nel volume «2.100 Asanas. The complete Yoga Poses», di Daniel Lacerda).

Quando compaiono gli asana? Secondo la maggior parte degli studiosi, nei testi sacri e nelle rappresentazioni iconografiche più antiche non vi sarebbe traccia di posture abbinate alla pratica almeno fino alla «Bhagavad Gita» (III sec. a.C.), in cui (al libro 6, versi 11 e 12), l’eroe Arjuna viene descritto «seduto nell’asana», mentre «poteva praticare yoga per la purificazione di sé», anche se non è chiaro se qui il termine indichi “postura” o “sedile”. È solo negli «Yoga Sutra» che il termine asana compare come sinonimo certo di postura. Un’unica posizione che (nel libro 2, al sutra 46), Patanjali descrive come adatta alla meditazione. Già però nel V secolo d.C. il primo commentatore di Patanjali, Vyasa, elenca 11 asana, tutti seduti, seguiti dalla parola adi (che significa “eccetera”), come a indicare che ce ne fossero anche di più.

Quando nasce lo yoga “posturale”? A partire dal secondo millennio d.C, nei testi fondamentali dello Hatha Yoga («Hatha Yoga Pradipika», «Shiva Samhita» e «Gheranda Samhita») osserviamo l’evoluzione da un manipolo di posture, sedute e destinate prioritariamente alla meditazione, a un numero cospicuo di asana anche in piedi e decisamente dinamici, comprese torsioni, inversioni ed equilibri, da eseguire per la purificazione del corpo, per controllare e incanalare l’energia e persino a scopi terapeutici. Il tutto, all’interno di un sistema volto alla salute psico-fisica degli uomini, che comprende anche gesti rituali (mudra), chiusure energetiche (bhanda), tecniche di respirazione (pranayama) e di purificazione (kriya), come documenta con chiarezza Seth Powell, ricercatore di Harvard, in questo articolo.

Questo sistema si sarebbe sviluppato grazie all’influenza delle teorie del Tantra Yoga (una corrente nata tra il IV e il VI sec. d.C. nel Nord dell’India), che sostenevano una visione non dualistica della creazione: il corpo, come tutto il mondo attorno a noi, non sarebbe che una manifestazione dello Spirito e dunque, in quanto tale, esso stesso divino.

Se prima di allora il corpo era sempre stato trattato come un fardello di cui liberarsi, ora diventava qualcosa di cui valeva la pena prendersi cura.

Se vuoi approfondire, ti segnalo l’articolo sul tema del rapporto tra yoga e corpo di Amy Vaughn.

Perché gli asana oggi sembrano il centro della pratica? Nel corso dell’ultimo secolo, gli asana sono diventati l’elemento identificativo delle pratiche yoga oggi più diffuse nel mondo. Secondo Mark Singleton («Yoga Body», Edizioni Mediterranee) il passaggio avviene alla fine dell’800 ed è strettamente connesso a ragioni politiche, culturali e religiose dell’India di quel tempo e al moderno nazionalismo indiano. La centralità degli asana nella pratica deve inoltre molto all’influenza dei movimenti che esaltavano la forma fisica e la ginnastica, ispirati spesso alla tradizione britannica ed europea, così come agli insegnamenti di Krishnamacharya a Mysore nei primi decenni del ‘900 e poi a quelli dei suoi allievi B.K.S Iyengar e Pattabhi Jois.

Asana o non asana? Tra i detrattori di uno Yoga divenuto ormai solo (o quasi) pratica fisica e gli insaziabili praticanti che si lanciano in maratone di 108 Saluti al Sole, di verticali o altre posture virtuose, noi preferiamo l’aurea mediocritas di oraziana memoria. La via della consapevolezza e della morbidezza. Pensiamo che ciascuno di noi debba essere libero trovare il proprio percorso e seguirlo senza mai smettere di ricercare e sperimentare, perché siamo convinti che anche lo Yoga, come tante tradizioni e discipline umane, sia un sistema dinamico, che evolve e si trasforma nel tempo, arricchendosi del contributo di nuovi maestri e nuove epoche. L’importante è avere gli strumenti per fare scelte sempre consapevoli.

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