Gli sguardi sono corpi
26 Maggio 2022
Scopri di piùSiamo nani sulle spalle dei giganti, diceva Bernardo di Chartres, e per questo possiamo vedere più lontano.
Da quando l’ho incontrata sui testi di filosofia all’università, questa è la mia citazione preferita: Bernardo di Chartre voleva mettere in luce la dipendenza della società moderna da quella antica, dai suoi giganti di cultura, ma per me, perdona la presunzione, ha un valore molto più ampio: da un lato implica l’innato desiderio dell’essere umano di crescere, di guardare sempre più lontano, dall’altro ci ricorda che per farlo abbiamo bisogno di supporto. Saper riconoscere questo aiuto è alla base della nostra capacità di evolvere e migliorare. Ma non pensare ai giganti solo come persone, i grandi pensatori, filosofi, artisti e scienziati del passato, prova a pensare ai giganti che ti sostengono ogni giorno: la comunità in cui vivi, la società e le sue istituzioni, i servizi pubblici, la scuola e gli ospedali.
Nel tuo piccolo, quando decidi di salire sul tappetino di Yoga, stai nutrendo il tuo innato desiderio di vedere più lontano, e anche qui è importante trovare i tuoi giganti:
1. Un’isola imperfetta
Per fare Yoga hai bisogno di un’isola! Hai bisogno di un luogo protetto, un luogo con delle abitudini e dei valori, un luogo in cui ti riconosci, ti senti a casa ma anche un po’ in vacanza; un luogo con una sua fauna ben particolare, di esseri che, anche se si mettono le gambe dietro la testa e respirano come Darth Vader, in qualche modo ti somigliano e parlano la tua lingua.
Hai bisogno di un isola che sia imperfetta, perché nella perfezione non c’è posto per il cambiamento; la perfezione ci toglie la possibilità di “dire la nostra”, ci fa sentire esseri inadeguati che si devono adeguare, mentre invece una scuola di Yoga deve essere un luogo che si lascia plasmare. Il luogo in cui scegli di praticare deve diventare la tua scuola di Yoga, ovvero fatta da te, resa ogni giorno migliore grazie a te.
2. Un simpatico esperto
Sul tappetino Yoga hai bisogno di un compagno di viaggio che sia innanzitutto un insegnante esperto: deve aver studiato, praticato e insegnato per tanto, tanto tempo; ma non basta: il tuo insegnante deve essere anche simpatico! Si, hai capito bene, simpatico nel suo significato più autentico: dal greco sympátheia, una delle parole più belle al mondo, composta dal termine páthos (affezione, sentimento) e dal prefisso syn (con, insieme) ovvero sentire con, sentire insieme.
Il tuo insegnante deve partecipare ai tuoi progressi e immedesimarsi nelle tue difficoltà, e per poterlo fare deve avere il tempo e il modo di conoscerti, deve capire chi sei e di cosa hai bisogno; deve poter cogliere, ad esempio quando non riesci a fare qualcosa, se non hai capito cosa fare, se il tuo corpo non è pronto o se hai solo paura. Parla, chiedi, spiega perché una relazione non è mai univoca, è il confronto che la arricchisce.
3. Una pratica costante
Per progredire nel cammino dello Yoga devi essere costante. Costante non significa necessariamente praticare tutti i giorni, ma mettersi degli obiettivi e rispettarli, ad esempio decidere di praticare una volta a settimana.
La ripetizione del gesto crea confidenza, genera quella familiarità che ci fa sentire a casa, al sicuro. Inoltre, la costanza è importante perché quando sei fedele ai tuoi obiettivi ti percepisci come affidabile e quindi diventi più sicuro di te. È un circolo virtuoso: se sei costante e rispetti i tuoi obiettivi acquisisci fiducia in te stesso, più sei sicuro di te e più puoi pensare in grande, darti obiettivi più impegnativi e raggiungere traguardi inaspettati.
4. Uno studio regolare
La mente va nutrita quanto il corpo e lo studio è parte integrante del percorso dello Yoga. Ci sono tantissimi libri, siti, video, blog – come questo:) – che ti possono aiutare a comprendere meglio la pratica Yoga, lo stile che hai scelto, come affrontare una postura o una transizione, con quale attitudine salire sul tappetino. Conoscere il contesto in cui ci muoviamo è fondamentale: cosa significa Yoga, quali differenze ci sono tra le varie tradizioni, anche solo conoscere i nomi delle posizioni che eseguiamo sul tappetino può essere illuminante. La mia insegnante, Simona Brusoni, diceva: quando conosci qualcuno che ti piace vuoi sapere come si chiama, dove ha passato la sua vita, quali sono le sue idee, i suoi valori, perché solo così si crea quella intimità che ci fa sentire parte di qualcosa, di una relazione, di un percorso.
5. Uno spirito curioso
Quando sali sul tappetino fallo con mente aperta, con un atteggiamento curioso, perché ogni pratica è diversa e ti riserva sempre delle sorprese: riesci a prendere una posizione che non ti è mai venuta o, al contrario, qualcosa che ti era facile improvvisamente non lo è più.
Chiediti di cosa hai bisogno, sperimenta e permettiti di sbagliare: cosa succede se mantieni più a lungo le posizioni in piedi? E le invertite? E se allunghi l’inspirazione piuttosto che l’espirazione? La mente è più calma? Hai più energia?
Nel libro di Safran Foer Molto forte incredibilmente vicino la nonna ammonisce il timido protagonista: fai domande o morirai stupido!
Non vergognarti mai di non sapere e fai tante domande perché solo così potrai vedere più lontano. Sperimenta, sii curioso e coraggioso perché sul tappetino non sei da solo: se li hai scelti bene, con te hai dei giganti.