Vinyasa Yoga: una danza consapevole

05 Nov 2021

Vinyasa Yoga: una danza consapevole Vinyasa Yoga: una danza consapevole

Spesso ho letto che il Vinyasa Yoga è uno stile senza un lignaggio, che non può legittimarsi di una discendenza maestro allievo ben definita, ma non sono d’accordo.

Possiamo dire che, a differenza delle famiglie Ashtanga e Iyengar in cui il papà è uno solo, il Vinyasa è figlio di una famiglia allargata, moderna, con diversi papà e anche tante mamme!

Per chiarirci le idee proviamo a disegnare il suo albero genealogico:
alle radici di questo grande albero c’è Tirumalai Krishnamacharya (1888-1989), il nonno di tutto lo yoga moderno, papà di grandi maestri come K. Pattabhi Jois, Desikachar, che suo figlio lo era per davvero, Indra Devi e B.K.S. Iyengar che, visto che di parentele parliamo, sposò la figlia di Krishnamacharya.

Il Vinyasa Flow Yoga, per gli amici Vinyasa, nasce dagli allievi di tutti questi maestri, non da uno solo di loro, e per questo è così variegato.

Come abbiamo detto, il Vinyasa ha tanti papà e tante mamme: c’è Bryan Kest, allievo di Pattabhi Jois, che negli anni 90 fondò la sua scuola di Power Yoga in California e c’è Erich Schiffmann, anche lui americano, allievo invece di Desikachar e poi di Iyengar; ma una particolare attenzione la voglio dedicare a due donne che, secondo me, hanno contribuito più di tutti a personalizzare questo stile e a diffonderlo in occidente: parlo di Shiva Rea e Seane Corn.

Shiva Rea è stata prima allieva di Sivananda Saraswati, uno dei più autorevoli insegnanti di Hatha Yoga, per poi avvicinarsi all’Ashtanga Vinyasa Yoga di Pattabhi Jois. Definita da Vanity Fair come “la Madonna del mondo Yoga”, Shiva Rea fonda il suo proprio stile, il Prana Vinyasa, e da tanti anni conduce teacher training in tutto il mondo.

Seane Corn è allieva di Bryan Kest e Erich Schiffmann e, oltre ad essere un’insegnante di Yoga, è anche un’attivista riconosciuta a livello internazionale: è stata nominata nel 2005 “National Yoga Ambassador” per YouthAIDS mentre nel 2013 ha ricevuto sia il Global Green International Environmental Leadership Award che l’Humanitarian Award dallo Smithsonian Institute. Dal 2007 forma leader dell’attivismo attraverso la sua organizzazione “Off the Mat, Into the World®”

Ad accomunare tutti questi insegnanti, all’apparenza così diversi, sono alcuni degli aspetti principali dell’insegnamento di Krishnamacharya: rallentare il respiro, eseguire ogni movimento durante una specifica fase respiratoria e, soprattutto, estendere l’approccio del Vinyasa al proprio stile di vita, ovvero imparare a prestare la giusta attenzione ad ogni azione nella sua totalità, dall’inizio alla fine.

Un esempio di questo atteggiamento Krishnamacharya lo dava tutti i giorni ai suoi allievi: li accoglieva al cancello del proprio centro, li guidava durante la pratica Yoga e onorava il completamento del loro tempo insieme riaccompagnandoli all’uscita.

Ma cosa significa la parola Vinyasa? Deriva da due parole sanscrite: nyasa che significa “posizionare” e vi che significa “in modo speciale”. Quindi, Vinyasa significa mettere in ordine in modo speciale gli Asana (le posizioni), i Pranayama (le tecniche di respirazione), i Mudra (i gesti delle mani) e i Bandha (le chiusure energetiche).

Ma, come sottolinea Shiva Rea in un bellissimo articolo pubblicato sullo Yoga Journal, Krishnamacharya aveva una visione molto più ampia del significato di Vinyasa; egli non insegnò solo sequenze fisse di Asana come quelle del sistema dell’Ashtanga di Pattabhi Jois, ma vide nel Vinyasa un metodo che poteva essere applicato a tutti gli aspetti dello Yoga. Negli insegnamenti di Krishnamacharya, il metodo Vinyasa includeva la valutazione dei bisogni di ogni singolo studente o gruppo, e quindi la costruzione di una pratica, passo dopo passo, che potesse soddisfare tali bisogni.

Oltre a questo, Krishnamacharya ha anche messo l’accento sul Vinyasa come un modo di applicare la consapevolezza dello yoga a “tutti i ritmi e le sequenze della vita”, come le relazioni, il lavoro, la cura di sé e l’evoluzione personale.

Mettendo l’accento su questo aspetto, Shiva Rea afferma: “il Vinyasa Yoga ci insegna a coltivare quella consapevolezza che collega ogni azione alla successiva – sul tappetino e nella nostra vita”. Tutti i fenomeni, scrive, che siano l’alternarsi delle stagioni, il susseguirsi delle maree in risposta alla luna o il flusso di Surya Namaskar (il Saluto al sole), sono Vinyasa, ovvero sequenze progressive che si dispiegano con un’armonia e un’intelligenza intrinseca.

Il nostro compito? Portare la consapevolezza che impariamo sul tappetino in ogni aspetto della nostra vita e dare al mondo intero l’attenzione che merita.

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